Poeta italiano. Figlio di Eletta Canigiani e del notaio fiorentino Pietro di ser
Parenzo, detto ser Petracco, bandito da Firenze nel 1302 in seguito alla
vittoria dei guelfi neri,
P. trascorse l'infanzia in un podere
dell'Incisa. Nel 1311, dopo aver studiato a Pisa, si trasferì ad Avignone
con il padre che nella città, allora sede papale, svolgeva la sua
attività. La famiglia di ser Petracco si stabilì nel piccolo
centro di Carpentras, dove
P., insieme al fratello Gherardo, ricevette i
primi rudimenti grammaticali dal maestro Convenevole da Prato. Avviato per
volere del padre agli studi giuridici, frequentò l'università di
Montpellier e poi, dal 1320 al 1326, quella di Bologna. In questi stessi anni
P. andò maturando un profondo interesse per le lettere, che in
seguito avrebbe prevalso sulla volontà paterna: infatti, dedicatosi
all'intensa lettura dei classici latini (in particolare di Virgilio e Cicerone,
ma anche di Vitruvio, Seneca, Livio, Terenzio),
P. non portò a
termine gli studi e non conseguì mai alcun titolo accademico. A Bologna,
dove si era recato con il fratello Gherardo,
P. approfondì la
conoscenza della poesia volgare, soprattutto del Dolce Stil Novo, e strinse
importanti amicizie, in particolare con Giacomo Colonna. Dopo l'abbandono degli
studi e il ritorno in Provenza in seguito alla morte del padre (1326),
P.
prese gli ordini minori, che gli consentirono di ottenere canonicati senza dover
assolvere alcun obbligo ecclesiastico, e cominciò a frequentare la corte
avignonese. Al 1327 risale l'incontro con Laura, determinante per la vicenda
umana di
P., ma soprattutto per la successiva esperienza poetica. Della
donna, vista per la prima volta il 6 aprile, un Venerdì Santo, nella
chiesa di Santa Chiara, non si hanno notizie sicure e i nomi avanzati dagli
studiosi sono vari: Laura di Sabran, Laura Colonna, Laura di Noves moglie di Ugo
de Sade. Negli anni successivi all'incontro con Laura, mentre si costituiva il
primo nucleo di liriche destinate a confluire nel
Canzoniere,
P.
approfondì gli studi classici, dando avvio a quel vasto movimento di idee
che si sarebbe chiamato Umanesimo. Per
P., che conosceva molto bene il
latino, l'antichità classica rappresentò sempre un punto di
riferimento assoluto, un modello insuperato di cultura e di vita al quale
tendere per attingere alla perfezione. Assunto come cappellano di famiglia dal
cardinale Giovanni Colonna, fratello di Giacomo,
P. intraprese una serie
di lunghi viaggi nelle Fiandre, in Germania, in Francia, in Svizzera, mosso da
una vivace curiosità di conoscere i costumi degli uomini contemporanei e
di rintracciare le vestigia del mondo antico. Furono questi gli anni delle
importanti scoperte di manoscritti antichi, come l'orazione ciceroniana
Pro
Archia, rinvenuta a Liegi nel 1333. Nel 1336-37 fu a Roma, città
nella quale tornò nel 1341 per ricevere la corona di poeta:
P.
aveva in realtà ricevuto contemporaneamente la proposta di incoronazione
dall'università di Parigi e dal Senato romano e, dopo qualche esitazione,
aveva scelto Roma, simbolo della splendida civiltà antica e della fede
cristiana, e prima della cerimonia aveva voluto essere sottoposto all'esame del
re di Napoli Roberto d'Angiò. Negli anni 1338-39 il poeta iniziò
due delle opere che meglio esprimono il suo amore per il mondo classico: il
De viris illustribus (ma non tutti gli studiosi sono concordi su questa
data) e il poema
Africa. Questo periodo, che vide la consacrazione
definitiva di
P. e il riconoscimento del suo valore poetico, segnò
tuttavia anche l'inizio di un profondo ripensamento della propria vita, che ebbe
come stimolo iniziale la lettura delle
Confessioni di sant'Agostino: una
copia dell'opera gli era infatti stata donata nel 1333 dal frate agostiniano
Dionigi di Borgo San Sepolcro e da allora rimase uno dei testi fondamentali
della biblioteca del poeta. Un'esplicita testimonianza della crisi spirituale
che sarebbe stata all'origine dell'opera lirica petrarchesca si trova nella
celebre lettera indirizzata allo stesso Dionigi (
Familiares, IV, 1) nella
quale
P., narrando la dura ascensione al monte Ventoso, racconta come la
lettura di un brano delle
Confessioni lo avesse richiamato alla
necessità di una vita più conforme ai valori cristiani. Nel 1337
P. si era intanto ritirato a Valchiusa, in Provenza, dove visse per anni
appartato con i suoi libri, dedicandosi agli studi e alla poesia e accettando
comunque alcuni incarichi diplomatici che lo portarono a compiere numerosi e
talvolta lunghi viaggi. Solo dopo molti anni, nel 1353,
P. avrebbe
lasciato definitivamente il rifugio di Valchiusa, nel quale ebbe modo, immerso
nella tranquillità e nel raccoglimento, di comporre il meglio della sua
poesia volgare e molte delle sue opere latine (
Bucolicum carmen, De vita
solitaria, De otio religioso). Dopo il viaggio a Roma per l'incoronazione
poetica (1341)
P. soggiornò a Pisa, a Selvapiana di Parma, ad
Avignone, a Napoli, di nuovo a Parma, a Bologna e infine a Verona, dove conobbe
il figlio di Dante, Pietro, e dove scoprì parte delle
Epistulae ad
Atticum di Cicerone e quelle a Quinto e a Bruto. Nel 1347, quando già
aveva denunciato la corruzione degli ambienti pontifici nelle epistole
cosiddette
Sine nomine (composte tra il 1342 e il 1353 e poi nel 1358) e
nei celebri sonetti antiavignonesi, pensò di fare ritorno a Roma per
sostenere il tentativo repubblicano di Cola di Rienzo, che aveva già
conosciuto nel 1343 e i cui ideali lo avevano entusiasmato, ma il viaggio fu
interrotto alla notizia del fallimento dell'impresa di Cola. Probabilmente a
tale presa di posizione di
P. va fatta risalire la rottura con la
famiglia Colonna, verificatasi di lì a poco. Ancora in viaggio per
l'Italia, dove doveva assolvere a incarichi diplomatici per conto della curia
avignonese, soggiornò a Verona, Ferrara, Padova (dove ebbe la notizia
della morte di Laura, avvenuta nel 1348), Firenze (dove incontrò
Boccaccio e dove ebbe modo di riportare alla luce un codice di Quintiliano);
infine fu di nuovo a Roma in occasione del Giubileo del 1350. Tornato in
Provenza dopo aver rifiutato l'offerta di una cattedra dell'ateneo fiorentino,
nel 1353 si stabilì definitivamente in Italia, intensificando
l'attività diplomatica (che lo avrebbe portato a Venezia, Praga, Parigi)
e dedicandosi alla sistemazione del
Canzoniere e del suo ricco
epistolario, alla composizione del
De remediis utriusque fortune (ideato
alcuni anni prima) e alla revisione delle opere latine composte in precedenza.
Dopo aver vissuto a Milano presso i Visconti (1353-61),
P. fu a Padova
ospite di Francesco da Carrara (1361-62) e a Venezia, città alla quale
avrebbe lasciato la sua biblioteca. Il poeta trascorse gli ultimi anni della sua
vita ad Arquà, sui Colli Euganei, insieme alla famiglia della figlia
Francesca, avuta nel 1337 da una donna avignonese rimasta sconosciuta, mentre un
altro figlio, nato nel 1343, era morto nel 1361 durante un'epidemia di peste.
Partito per Roma nel 1370 per incontrare il pontefice Urbano V, fu colto da
sincope e dovette rinunciare al viaggio e ritornare ad Arquà dove, dopo
aver atteso alla traduzione latina dell'ultima novella del
Decameron,
morì nel 1374. Prima figura di letterato inteso in senso moderno,
P. considerò l'attività letteraria non semplicemente come
il più alto mezzo di espressione e comunicazione, ma anche come pratica
quotidiana della quale vivere, fondamento materiale della propria esistenza.
Intellettuale impegnato attivamente nella pratica politica del suo tempo, egli
nutrì tuttavia un sentimento ambiguo per tutto ciò che non fosse
compreso nelle arti liberali, in particolare nella pura attività
intellettuale: ciò che non rientra nella categoria dell'
otium
(commercio, scienze naturali e mediche, ecc.) è considerato da
P.
con una sorta di disprezzo, atteggiamento del quale si possono rintracciare le
origini nella concezione aristotelica e che sarebbe passato in eredità
all'Umanesimo fiorentino e italiano. ║
Opere in volgare -
Rerum
vulgarium fragmenta (
Canzoniere): raccolta di componimenti poetici di
vario tipo (soprattutto sonetti, ma anche canzoni, ballate, sestine e
madrigali), che
P. scrisse a partire dal 1335-38 fino alla morte,
sottoponendoli a un continuo e minuto processo di revisione e di sistemazione.
La redazione definitiva del libro ci è giunta nel Codice Vaticano latino
3195, in parte autografo dell'autore e in parte copiato sotto il suo controllo
diretto; essa fu preceduta da numerose redazioni intermedie, attestate da
manoscritti autografi giunti nel Codice Vaticano latino 3196 e contenenti
liriche escluse dal testo definitivo e successivamente raccolte dai posteri
nelle
Rime disperse o
extravaganti. Dedicato all'amore del poeta
per Laura, il
Canzoniere è diviso in due sezioni, la prima (263
poesie) in vita, la seconda (103 poesie) in morte dell'amata; esso testimonia la
vicenda umana dello scrittore che dall'amore per una bellissima donna seppe
attingere a una visione più consapevole della condizione terrestre,
elevandosi a uno stato di redenzione spirituale. Il vero protagonista delle
poesie rimane tuttavia non tanto la vicenda amorosa in sé, quanto il
dramma interiore del poeta, del quale sono lucidamente analizzate le angosce, le
contraddizioni, il desiderio, ma nello stesso tempo l'incapacità di
abbandonare definitivamente i caduchi beni terreni. Il dramma di
P. fu
vissuto così intensamente che già alcuni suoi contemporanei
dubitarono della reale esistenza di Laura, insinuando che si trattasse di una
sorta di simbolo, di una finzione per dare significato concreto alla sua vicenda
interiore. Tuttavia l'opera è fondata su una fitta trama di rimandi a
tutta la tradizione letteraria precedente, da quella classica al più
recente Stilnovismo, alla lezione dantesca, costantemente presente in filigrana
nella poesia petrarchesca (V. anche
CANZONIERE). ║
Trionfi: poemetto
allegorico in terzine, rimasto incompiuto. Gli studiosi non sono concordi
nell'indicare la data di inizio della composizione, che secondo alcuni va fatta
risalire al 1351, secondo altri addirittura agli anni 1342-43; è certo
tuttavia che ad essa
P. continuò a lavorare, anche se in modo non
costante, fino alla morte. L'opera narra il progressivo cammino dell'uomo dalla
schiavitù dell'amore e delle tentazioni terrene all'eternità; tale
soggetto è svolto, secondo lo schema tipico dei poemetti
allegorico-didascalici medioevali, in sei visioni simboliche (Trionfo d'Amore,
della Pudicizia, della Morte, della Fama, del Tempo, dell'Eternità),
attraverso le quali l'esperienza del poeta è elevata a moralità
universale. Ricco di rimandi alla cultura classica, oltre che alla
Commedia dantesca, l'opera risulta nel complesso piuttosto debole e solo
alcuni brani di intenso lirismo ricordano il
P. migliore
(V. anche TRIONFI).
║
Opere latine -
Africa: poema in esametri, incompiuto,
pubblicato postumo alla fine del Trecento. Iniziato a Valchiusa nel 1338 o 1339,
ripreso nel 1341 e rivisto a partire dal 1343, il poemetto narra la seconda
guerra punica, basandosi su notizie tratte da Tito Livio, dal
Somnium
Scipionis ciceroniano e da altre fonti minori; esso rappresenta l'ambizioso
tentativo del poeta di ricreare sul modello virgiliano l'epica classica
destinata alla celebrazione dell'Italia erede della gloria di Roma
(V. anche AFRICA).
║
De viris illustribus: raccolta di biografie di personaggi
illustri del passato, della quale rimane una epitome comprendente i ritratti di
12 personaggi romani (da Romolo a Catone il Censore), 12 dell'Antico Testamento
(da Adamo a Mosè) e 2 mitologici (Giasone ed Ercole). La vicenda
compositiva dell'opera, iniziata già forse prima dell'
Africa, fu
piuttosto articolata e complessa. ║
De remediis utriusque fortune:
trattato in due libri sulle avversità e le seduzioni della fortuna.
Organizzata secondo lo schema tipicamente medioevale in dialoghi fra Gaudio,
Speranza e Ragione (nel primo libro) e tra Timore, Dolore e Ragione (nel secondo
libro), l'opera fu terminata prima del 1357, ma venne rivista nel 1366 e forse
anche successivamente. ║
Secretum meum o
De secreto conflictu
curarum mearum: opera divisa in tre libri, corrispondenti alle tre giornate
di dialogo personale tra il poeta e sant'Agostino alla presenza della
Verità. Iniziata nel 1342 e rivista negli anni successivi, fu pubblicata
postuma qualche anno dopo la morte di
P. L'opera, che costituisce una
sorta di testamento spirituale del poeta, tocca temi fondamentali della
sensibilità e dell'opera petrarchesca, dal conflitto tra felicità
terrena e celeste alla meditazione sulla morte e sullo scorrere del tempo
(V. anche SECRETUM
MEUM). ║
Rerum memorandarum libri: raccolta di
exempla storici in quattro libri (più un frammento del quinto),
incompiuta, composta fra il 1343 e il 1345. Basata su numerose fonti classiche e
sul modello dei
Factorum et dictorum memorabilium libri di Valerio
Massimo, l'opera illustra virtù e corrispettivi vizi, esemplificandoli
mediante gli esempi di personaggi storici quali Dante, Roberto d'Angiò,
ecc. ║
De vita solitaria: trattato in due libri sulla vita
solitaria, illuminata dalla preghiera e confortata dallo studio, concepita come
alternativa alla caotica vita cittadina. La composizione risale al 1346. ║
De otio religioso: trattato in due libri composto nel 1347 in seguito a
una visita di
P. al fratello Gherardo, monaco nella certosa di Montrieux.
In parte affine al
De vita solitaria, l'opera tratta dei vantaggi della
vita contemplativa rispetto all'
otium dei letterati. ║
Bucolicum
carmen: 12 egloghe, composte sul modello virgiliano, ideate nel 1346,
completate nei due anni seguenti e successivamente rimaneggiate. L'ambientazione
bucolico-pastorale non impedisce che esse trattino temi privati (come la morte
di Laura o del re Roberto d'Angiò), storici (la guerra dei Cent'anni),
politici. ║
Psalmi penitentiales: sette preghiere e confessioni in
prosa ritmica composti nel 1348 circa. Fitti di rimandi a sant'Agostino e ai
libri profetici dell'Antico Testamento, tali composizioni sono ispirate da un
intenso fervore religioso; dall'esaltazione della vita contemplativa si passa
all'esame lucido dei propri peccati accompagnato dalla speranza del perdono; il
ringraziamento a Dio è seguito dall'invocazione a essere liberato dalla
colpa, dalla meditazione sulle proprie dolorose vicende e dalla finale
professione di umiltà. ║
Invettive: opere di carattere
polemico, nate da spunti occasionali ma che riflettono un importante aspetto
della personalità di
P. Gli
Invectivarum contra medicum quendam
libri IV, quattro invettive stese in Provenza nel 1352-53, prendono spunto
da una polemica tra il poeta e un medico per affermare la superiorità
della letteratura e della poesia sulla medicina. Di qualche anno posteriore
è l'
Invectiva contra quendam magni status hominem sed nullius scientie
aut virtutis, diretta contro il cardinale Jean de Caraman, che aveva
accusato
P. di atteggiamento servile nei confronti della famiglia
Visconti. Il
De sui ipsius et multorum ignorantia fu composto nel 1367,
ma pubblicato solo quattro anni dopo, con dedica a Donato degli Albanzani. In
esso
P., rivolgendosi a quattro giovani averroisti, contrappone
all'Aristotelismo le parole di Cicerone e Platone e il principio agostiniano
dell'unione tra
sapientia e
pietas. Infine, la tarda
Invectiva
contra eum qui maledixit Italie, risalente al 1373, celebra la grandezza di
Roma e della sua civiltà in contrapposizione alla barbarie gallica, in
aperta polemica con Jean de Hesdin che aveva esortato il pontefice a mantenere
la sede papale ad Avignone. ║
Epistole:
P. attribuì
sempre grande importanza al proprio ricchissimo epistolario; probabilmente su
suggestione dell'esempio ciceroniano e senechiano egli pensò alla sua
sistemazione e pubblicazione già intorno al 1350. I
Familiarum rerum
libri XXIV contengono 350 epistole, scritte tra il 1325 e il 1366, riunite a
partire dal 1349 (anche se il progetto iniziale subì nel tempo numerose e
profonde modifiche). Organizzate sul modello delle
Epistulae ad Atticum
che lo stesso
P. aveva scoperto nel 1345 e su quello senechiano delle
Epistulae ad Lucilium, le
Familiares trattano degli argomenti
più disparati e sono indirizzate a destinatari diversi, talvolta ideali
(personaggi della storia romana, poeti latini, ecc.). Dalle
Familiares
P. escluse, per il loro tono accentuatamente polemico, 19 lettere che,
prive del nome del destinatario, furono da lui raccolte nel 1359-60 sotto il
titolo di
Sine nomine. Composte fra il 1342 e il 1358, tali epistole
trattano esclusivamente temi etico-politici. I
Senilium rerum libri XVII
contengono 125 epistole scritte nel periodo 1361-74 e nelle quali vengono
affrontati gli stessi temi delle
Familiares. Molto probabilmente la
raccolta si doveva chiudere con l'
Epistola ad Posteros o
Posteritati, una sorta di breve autobiografia rimasta incompiuta,
composta tra il 1370 e il 1371 ma forse progettata diversi anni prima. Mentre le
Epistole varie furono raccolte solo nel Settecento da Fracassetti (65
epistole in tutto), le
Metrice costituiscono una raccolta voluta
dall'autore stesso. Si tratta di 66 epistole in versi esametri, composte in un
ampio lasso di tempo (1318-54), che trattano preferibilmente argomenti di
morale. ║ Accanto alle opere maggiori vanno ricordati altri scritti in
lingua latina, che completano il quadro della produzione petrarchesca. Si
ricordano: alcune poesie d'occasione; una
Oratio ad beatam Agatham
(1335); alcuni scritti su Maria Maddalena risalenti al 1337; il componimento
Adversus tempestates aereas del 1338; l'
Itinerarium breve de Janua
usque ad Jerusalem et terram sanctam (noto anche come
Itinerarium
syriacum), descrizione erudita dei luoghi attraversati durante il viaggio
verso la Terrasanta; il
Testamentum scritto a Padova nel 1370; infine,
tre arringhe composte per i Visconti (Arezzo 1304 - Arquà, Padova
1374).
Ritratto di Francesco Petrarca